Crescevan nella tomba le unghia
a Giuseppe, morto, adunche.
Liquefatto gli gocciava il fegato.
Nelle cave orbite senza luce
aveva due tenere rotule di Ririr�.
Dal cervello putrescente e dalla teca
si sperdevan milioni di pensieri
in filiere per i cipressi del cimitero.
Dio verdolino come libellula, l�
cercava di penetrare fra le estreme cellule.
Ma gli oscurava a lampi la via,
la Tenebrosa. Bolliva nel vicolo la pignatta - oh, quanto fonda! - di donna Riricchia.
Nella valle in paura del vento, le canne. Picchia
la notte sugli ossi secchi della tomba.
Giuseppe Bonaviri
- Cos'� l'eterno?
- Il simultaneo possesso di tutti gli attimi.
I disabili guidati da Immanuel
seguivano in carrozzelle sbilenche
per calanchi e sassaie, assetati,
Ges� che, con calzari di sicomoro,
andava a meditare, stanco del mondo
chiuso in un tramonto immobil...