Biondi, lucidi seni di Amaranta,
limati da una lingua di levriero.
Portico di limoni, dal sentiero
disviati che alla tua gola monta.
Rosso, un ponte di riccioli sormonta
il volto e incendia i tuoi ondulati avorii.
Morde e ferisce dei denti il biancore,
curvo, per aria, ti innalza nel vento.
Solitudine dorme in ombratura,
calza il suo piede di zeffiro e scende
dall'alto olmo al mar della pianura.
E il corpo in ombra, oscuro, le si accende,
e gladiatrice, come brace impura,
tra Amaranta e il suo amante si distende.
Rafael Alberti
"Passeggiava con l'abbandono di giglio che mediti,
o quasi d'uccello che sappia di dover nascere.
Senza vedersi si guardava in una luna a cui il sogno faceva da specchio,
in un silenzio di neve c...
Venne quello che amavo,
quello che invocavo.
Non quello che spazza cieli senza difese,
astri senza capanne,
lune senza patria,
nevi.
Nevi di quelle cadute da una mano,
un nome,
un sogno,
una fronte.
N...