Cum subit illius tristissima noctis imago,
Quae mihi supremum tempus in Urbe fruit;
Cum repecto noctem, qua tot mihi cara reliqui;
Labitur ex oculis nunc quoque gutta meis.
Iamque quiscebant voces hominunque canumque;
Lunaque nocturnos alta regebat equos.
Hanc ego suspiciens, et ab hac Capitolia cernens.
Quae nostro frustra iuncta fuere Lari.
Quando risorge in me la tristissima immagine di quella notte
che fu l'ultima ora a me concessa in Roma,
quando rivivo la notte in cui lasciai tante cose care,
qualche lacrima ancora mi scorre dagli occhi.
E gi� le voci degli uomini e dei cani tacevano;
e la luna alta nel cielo reggeva i cavalli notturni.
Io la guardavo lass�, e poi guardavo i templi capitolini, che inutilmente furono vicini al nostro Lare.
Ovidio (Publio Ovidio Nasone)
Che diano o rifiutino, godono tuttavia d'esser richieste.
Quello che affascina � la semplice eleganza. Tenga la donna in ordine i capelli: sono le mani a dare la bellezza, sono le mani a toglierla. In diversi modi si possono adornare, tra le fogge scelga que...
Nocte latent mendae.
Di notte i difetti stanno nascosti.