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Federica Colarossi: CANTO 1 del libro "I LIBRI BLU" di Feder



CANTO 1 del libro "I LIBRI BLU" di Federica Colarossi.
O dolce luce che arrivi spegnendo il buio
e abbattendo le barriere che tu sai
nel cuor solo esistono
come tante sbarre di ferro,
ma � filo fragile che si alimenta
di paura e depressione,
la tristezza dei malati pensieri di ogni attimo
nella mente delle genti deboli e insicure.
Emetti un lampo e un fulmine di speranza
colpisce e fugge via senza
lasciar traccia di ciō che sei,
un angelo sceso dal cielo per guidarmi
oltre la fredda caverna in cui passa la vita.
Se ci� che guardi si tramuta in bene
allora niente pių sar� dannato,
come il buio della notte sconfitto dal tempo,
all' alba il sole sorgerā e il freddo cambierā
in tiepido tepore della luce veloce
che con moderni fucili spara raggi di chiarore
su oggetti neri e ne muta le forme e i colori
in pile di libri blu contententi canti di salvezza
e preghiere di perdono,
quando l' ultimo uomo su questa terra
riuscirā ad assumere una posizione migliore
con la sola forza dell' anima,
quella peccatrice che il corpo ha creato,
ma non sarā puro perch� le carni
rivestono il suo Io, quell' Io vero
che nato sotto forma di essere umano
si � lasciato trasportare da carovane di donne
e lungo il viaggio ha assaporato
il sapore del peccato
accompagnato da bottiglie di alcool
e il male che ha riversato sugli amici pių cari
senza ascoltare la voce della coscienza
che sussurra continuamente parole di avviso:
"Non farlo, dannato, dannato!",
ma la voce di satana subentra con la sua arroganza
e i suoi consigli diventano il tuo vangelo,
si, uomo ingenuo, hai capito bene,
� il tuo vangelo, tu sei quell' uomo
che usa gli occhi solo come portachiavi,
sei tu, un uomo come tanti,
quanti peccati hai commesso?
Contali dai, ma le tue dita sono ormai atrofizzate
perch� il lavoro lo lasci a chi � meno di te,
ma egli lo sai un giorno ti sconfiggerā,
come giā avviene la resa dei conti
tra te e la sua anima disperata
per il cattivo ricordo del tuo viso da demone
che urla contro di lui e gode nel vederlo piangere,
ma tu gli asciugherai le lacrime,
minacciato da una grande scarpa
sopra la tua testa pronta a schiacciarti
e farti aderire al pavimento cos� che
sarā vero che polvere ritornerai,
ma non verrai custodito
in un contenitore di cristallo con rifiniture in oro,
solo il mio angelo ha in serbo per s�
un posto sicuro in paradiso,
un letto comodo e un maglione celeste
da indossare quando non farā pi� tanto caldo.
E tu, verme, mangerai i rifiuti ch' egli getterā
dall' accogliente nuvola in cui vivrā per l' eternitā,
perch� tu non puoi, non potrai, ormai � troppo tardi
per assolverti dalle tue colpe,
quel cane che hai sacrificato per il tuo Dio,
ma quale Dio? La sua voce ti ripeteva di non farlo,
egli non accetta che tu privi della vita
che Dio stesso ha donato a quel povero cucciolo,
e lo sai, sai cosa � bene, te lo ricordi il primo giorno
che sei andato in chiesa,
come fai a ricordarti? Il tuo corpo era l�
per volere di tua madre,
quella povera donna che ha cercato di darti,
darti e ridarti ancora ciō che tu non hai mai apprezzato,
l' hai mai sentita piangere? Non come te, stupido,
i tuoi sono capricci da bambino,
continua a frignare quando ne avrai la ragione,
per le frustate sulla schiena e le risate di Lucignolo
mentre il sangue continua a sgorgare,
ma sei giā morto, non ci sperare tanto � inutile
che chiedi perdono, pensa a quando ti implorava
piangendo quel tuo amico
di smettere di torturarlo,
non te lo sei dimenticato, era un giorno cos� bello,
ti sei sentito forte, hai piegato a te
un' anima coetanea, eri pieno del tuo orgoglio
mentre il Diavolo entrava sempre pi� nel tuo cuore,
quel rigido coso che pare una lastra di ghiaccio.
E tu, non perdonarlo questo ingrato
lascialo bruciare tra le fiamme della colpa,
risparmia ai tuoi occhi un cos� rude spettacolo,
se sei tu Micheal il mio angelo custode
non dar parola al rimorso che provi
nel lasciarlo soffrire, egli non compirā il viaggio di Dante,
non potrai salvarlo, fin da piccolo ti prendeva in giro
a scuola, la scomparsa denunciata da lui stesso,
la merenda era nel suo zaino, nascosta e poi buttata, rubata solo
per farti piangere e quei neri banchi
coperti di minacce, la firma della sua cattiveria
seguiva ogni parola.


Federica Colarossi

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